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Il Blog di Paolo Stern

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Postilla » Lavoro » Il Blog di Paolo Stern » Diritto del lavoro » Arbitrati, articoli 18 & Co.

15 marzo 2010

Arbitrati, articoli 18 & Co.

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La grancassa dell’articolo 18 riprende a battere.

 

E’ il 12 marzo, lavoro a Roma e sono appena rientrato in studio imprecando per il traffico causato dallo sciopero della CGIL contro, tra l’altro, quella bieca manovra taglia diritti che, di fatto, aggira l’articolo 18 della 300/70 inserita nel collegato lavoro alla finanziaria 2010.

 

Cavolo, una roba grossa. Si torna a parlare di quella “conquista” dei lavoratori italiani che tutto il mondo ci invidia (visto che non esiste altrove): la reintegrazione obbligatoria in caso di licenziamento illegittimo. Andiamo con ordine.

 

Il Parlamento ha approvato, dopo oltre un anno di travagliata gestazione, il ddl 1167. Che c’entra l’art. 18? Secondo le nuove disposizioni il lavoratore, conformemente a quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, può decidere di devolvere le controversie di lavoro ad un giudice “privato”, un arbitro, sottoscrivendo, all’interno del contratto di lavoro, specifica clausola compromissoria.

 

Ecco il trucco. Il lavoratore, al momento dell’assunzione, firmerebbe qualsiasi cosa pur di lavorare (il che è tutto da verificare …) e pertanto, visto che l’arbitro giudicherà secondo “equità”, in caso di licenziamento illegittimo bye bye alla reintegrazione. Cavolo roba grossissima, un genio del male poteva inventare una simile diavoleria.

 

Tutti in piazza! Già se non che il governo ed i sindacati, quelli che non dicono solo no, firmano un avviso comune per il quale l’arbitrato non riguarderà i licenziamenti. Cioè? Cioè potranno essere devolute agli arbitri controversie, per esempio, attinenti a differenze di retribuzione, straordinari non pagati, livello di inquadramento inferiore ecc. Tutte quelle controversie che restano appese anni alle toghe dei magistrati e che in pochi mesi (se non giorni ….) potrebbero essere risolte da un arbitro. Visto che la parte più debole economicamente è il lavoratore lo stesso sarebbe il primo beneficiario di questa roba.

 

Ma … allora … l’attacco alla dignità del lavoratore … i licenziamenti … l’art. 18? Io ho smesso di imprecare per il tempo perso oggi per il traffico, le manifestazioni e la pioggia … ma se fossi in uno di quei lavoratori che hanno deciso di perdere una giornata di lavoro, prendere la pioggia, prendersi le imprecazioni di quei “crumiri” che visto che la baracca deve andare avanti sono andati al lavoro …,  beh comincerei a stranirmi un bel po’ con chi mi ha raccontato fischi per fiaschi!!!

 

Ps

Il tono del post è volutamente “distensivo” ma l’argomento è serio. Il lavoro ha bisogno di nuove regole. Bisogna avere il coraggio di innovare. Proprio in questi giorni ricordiamo chi, per farlo, otto anni fa ha pagato con la vita. Tutto il Paese sappia commemorare con responsabilità Marco Biagi.

Letture: 14876 | Commenti: 47 |
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47 Commenti a “Arbitrati, articoli 18 & Co.”

  1. Andrea Asnaghi scrive:
    Scritto il 15-3-2010 alle ore 10:55

    Caro Paolo, mi associo idealmente – e praticamente – al tuo post.
    Il ricordo di Biagi, non commemorativo o fine a se stesso ma collegato all’esigenza di riformare le regole del lavoro, è quanto mai significativo.

    Lancio una domanda provocatoria (lo posso fare liberamente quando da “titolare” del post divento semplice partecipante :-) ): perchè tanta resistenza nel riformare il lavoro ?
    Retroterra ideologico, convenienze trasversali, logiche di potere … tutto questo con i reali diritti dei lavoratori mi sembra c’entri ben poco.

  2. Giovanna Preden scrive:
    Scritto il 15-3-2010 alle ore 11:50

    Siete mal orientati oltreché propagandisti a senso unico.
    Per una più obiettiva valutazione da parte degli internauti, evidenzio le ragioni di presumibile incostituzionalità del d.d.l. n. 1167-B, quelle che probabilmente indurranno il Presidente della Repubblica a rinviare alle Camere il d.d.l.:

    -l’arbitrato obbligatorio e di equità non può essere un “tutela aggiuntiva per i lavoratori più deboli” (come dice, inverosimilmente, la CISL) ma una sottrazione di tutela, una perdita secca (per tutti) della massima garanzia: la giurisdizione;
    – questo dovrebbe avvenire, poi, nel rapporto contrattuale più diseguale per definizione (in cui una parte dispone persino del corpo dell’altra parte) e nel momento di maggiore debolezza contrattuale dell’altra parte (la ricerca del posto di lavoro);
    – la Costituzione affida (anche) alla giurisdizione il compito di riequilibrare questa intrinseca disparità;
    – un “avviso comune” non può modificare una legge, tanto meno quando rimette alle parti del contratto individuale la sua gestione sostanziale;
    – tutte le garanzie del lavoro sono inderogabili ed indisponibili per gli stessi interessati, in primis quella ex art. 24 Cost. (diritto alla tutela giudiziaria) che non può essere rinunziata per tutta la vita lavorativa residua;
    – “l’arbitrato è costituzionalmente legittimo solo nell’ipotesi in cui la fonte dell’obbligatorietà sia conseguente alla concorde volontà delle parti di vincolarsi a derogare al fondamentale principio della statualità della giurisdizione” (Corte cost. n. 49/94).
    Può affermarsi che il lavoratore in sede di assunzione esprime una libera volontà di sottrarsi alla giurisdizione ordinaria?

  3. Alessandra scrive:
    Scritto il 15-3-2010 alle ore 12:19

    D’accordissimo con Giovanna, non amo le barricate, ma questa volta mi associo alle proteste della CIGL e degli scioperanti, senza nulla togliere peraltro alla memoria di Marco Biagi: meglio non invocarla troppo, specie a sproposito, se non vogliamo recare danno proprio alla memoria di Biagi.
    Sono comunque convinta che una maggiore flessibilità nel mondo del lavoro sia giustificabile solo quando il mercato del lavoro sia ricco di offerta, tale da rendere irrilevante per brevità il tempo in cui il lavoratore si ritrova a cercare un nuovo posto. In un’economia come la nostra, sino ad oggi, la flessibilità ha finito per essere un trucco per sfruttare di più la forza lavoro. Con danni, che alla lunga (o forse anche a breve) pagheremo tutti. Non credo che Biagi volesse questo.

  4. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 15-3-2010 alle ore 14:24

    caro andrea. è sempre un piacere leggerei i tuoi commenti, che, essendo controcorrente, rischiano strali … ma il dibattito ed il confronto sono belli anche per questo.
    In merito al ricordo del prof. Biagi segnalo a te ed a tutti il seguente appuntamento organizzato da Adapt:

    Gli ammortizzatori oltre la crisi. Le prospettive dell’Italia nel contesto internazionale e comparato
    Roma, 18 marzo 2010, 9.30
    Convegno in ricordo di Marco Biagi

    Il Convegno è organizzato da Adapt-Centro Studi Internazionali e Comparati Marco Biagi e dall’Associazione Amici Marco Biagi.
    L’evento si svolgerà presso la Biblioteca del Senato Giovanni Spadolini, Sala degli Atti Parlamentari, Piazza della Minerva n. 38, Roma.

    La partecipazione all’evento è stata accreditata:
    – dal Consiglio dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Roma e darà diritto alla maturazione di 4 crediti formativi;
    – dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e darà diritto alla maturazione di 3 crediti formativi.

    Per le iscrizioni è possibile compilare il modulo di adesione on-line oppure scrivere all’indirizzo e-mail: eventi@adapt.it

  5. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 15-3-2010 alle ore 14:55

    giovanna il tuo commento, decisamente incisivo, mi consente di argomentare meglio il mio pensiero.

    partiamo dalle tue eccezioni:

    -l’arbitrato obbligatorio e di equità non può essere un “tutela aggiuntiva per i lavoratori più deboli” …………. di cosa parli? nel ddl 1167 non esiste obbligatorietà dell’arbitrato. si propongono 2 strade, non se ne obbliga una!

    – questo dovrebbe avvenire, poi, nel rapporto contrattuale più diseguale per definizione ………. ti ricordo che il comma 9 art. 33 evidenzia come le clausule compromissorie (quelle che possono dar vita ad un procedimento arbitrale) possano avere valore (1) se previste dalla contrattazione collettiva (2) se inserite in un contratto certificato. Sono passaggi importanti e di assoluta garanzia per entrambe le parti.
    – la Costituzione affida (anche) alla giurisdizione ………….. la magistratura non ha alcun ruolo di “bilanciamento sociale”, sommessamente dico che ha il ruolo di verificare l’applicazione delle leggi!
    – un “avviso comune” non può modificare una legge……… cara mia questo è il passaggio che forse ti sfugge. è la stessa legge a demandare il ruolo di attualizzazione della disposizione alla contrattazione collettiva. le parti collettive sono sovrane, possono decidere tutto in materia di arbitrato!
    – tutte le garanzie del lavoro sono inderogabili ed indisponibili per gli stessi interessati, in primis quella ex art. 24 Cost. (diritto alla tutela giudiziaria) …….. i contratti collettivi sono già pieni di soluzioni alternative al contenzioso giudiziario. ripeto non vi è preclusione alcuna alla via giudiziaria.
    – “l’arbitrato è costituzionalmente legittimo solo nell’ipotesi in cui la fonte dell’obbligatorietà sia conseguente alla concorde volontà delle parti di vincolarsi a derogare al fondamentale principio della statualità della giurisdizione” (Corte cost. n. 49/94) … e come non si potrebbe concordare! il lavoratore è un uomo capace di intendere e volere, purtroppo la sua capacità decisoria in un contratto di lavoro è limitatissima, è quasi tutto definito dalla contrattazione collettiva. anche in questo caso.

    …. grazie ancora per le tue riflessioni, spero solo di non essere tacciato ancora quale iscritto al club dei “mal orientati oltreché propagandisti a senso unico”

  6. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 15-3-2010 alle ore 15:03

    alessandra. parto dalla fine. leggendo gli scritti del prof. Biagi è chiaro cosa si proponesse. un mercato del lavoro vivo, pieno di possibilità, capace di coniugare flessibilità con garanzie, in cui i figli non dovessero “maledire i padri”!. il suo progetto ad oggi si può dire solo in parte, in piccolissima parte, realizzato. non è un caso che nel convegno che ho ricordato del 18/3 si parli proprio di ammortizzatori sociali. qui è la vera lacuna.
    a mio avviso il sistema generale dovrebbe, per quanto possibile, garantire la continuità del lavoro e del reddito nell’intera vita lavorativa di un lavoratore. e ciò non obbligatoriamente nell’ambito di un solo rapporto di lavoro!

  7. Andrea Asnaghi scrive:
    Scritto il 15-3-2010 alle ore 15:51

    Vorrei aggiungere un paio di cose sugli argomenti sollevati, sempre approfittando della posizione privilegiata di partecipante.
    Mi scuso solo nel dover rinchiudere concetti ampi in poche frasi.

    a) la flessibilità si estremizza (degenerando in precarietà) anche come risposta ad una eccessiva rigidità. Un sistema ingessato non fa bene a nessuno, ai lavoratori in testa.

    b) la garanzia del lavoro la può dare solo un mercato stabile unita ad una buona professionalità. Il diritto a lavorare sempre e comunque “a prescindere” ha creato i peggiori (e più costosi) mostri che il nostro Paese conosce bene (NB gli stessi mostri esplodono prima o poi con danni maggiori, ma intanto qualcuno per anni ha dato delle illusioni utili solo su tanti fronti di natura pubblico-politica).

    c) la retorica su “quel che pensava veramente Biagi” mi ha stufato e nasce morta. Si può non esser d’accordo su nulla di quanto diceva Biagi (ed è assolutamente legittimo, pur considerando che è morto e come è morto: io non sono d’accordo su diverse cose) ma è un argomento polemico che non fa onore a chi lo usa (in un dibattito cordiale come questo, lo dico come sommesso consiglio).

    d) mi chiedo: ma se appartenete al settore del lavoro (da qualunque parte lo vediate), come fate a non sentire l’esigenza di regolare in maniera semplice ed immediata una serie di problemi che nascono ? si ha una vaga idea delle sentenze giuridiche oscillanti su cui oggi si può ben parlare – in molti casi – di una vera e propria incertezza del diritto ? dei tempi in cui gli iter giudiziari si realizzano (nel caso, c’è il bel post di Tavella su “l’uomo invisibile” …)? e poi, cosa vale di più promuovere: la possibile difesa in assoluto di un astratto diritto individuale o la generazione di prassi di prevenzione e di gestione dei rapporti che creino una nuova e più condivisa cultura del lavoro ?
    mi e vi domando, senza alcun intento provocatorio: la storia del diritto del lavoro deve per forza e necessariamente essere una storia di “uomini contro ” ?

    personalmente, credo di essere fortemente orientato: nel senso che ho le mie idee ben definite
    mi da fastidio che uno che non le condivide mi dia del “mal” orientato, mi sembra un brutto metodo quello della delegittimazione invece del confronto
    mi da fastidio anche l’accusa di propagandismo .. qui ? e a che pro ? con quali vantaggi ? verso cosa ? garantisco che ogni cosa che qui scrivo è frutto delle mie personali convinzioni, mai subordinate a nessuno.
    grazie se vorrete mantenere questo livello di rispetto …

  8. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 15-3-2010 alle ore 16:35

    …. non mi fate stranire Andrea! che come ogni uomo saggio e mite non è disponibile a farsi pestare i piedi.
    la libertà di espressione del proprio pensiero in un luogo virtuale come questo è sempre massima. chiunque può valutare i commenti oltre che nei loro contenuti anche nelle loro forme.
    un consiglio per me, e per tutti, cadere nella logica “montecchi / capuleti” non è utile a nessuno. cerchiamo di ragionare. mettiamoci passione ma ragioniamo. almeno ora! almeno qui!

  9. Giovanna Preden scrive:
    Scritto il 15-3-2010 alle ore 16:44

    Caro amico,

    -premesso che pochi, oramai, intendono delegare a certi e ben individuati sindacati – molto mollicci, obbedienti, disponibili ai Patti per l’Italia ed agli avvisi su chiamata da Viale dell’Astronomia, in quanto cogestori di interessi negli enti bilaterali con le controparti datoriali – la proceduralizzazione delle proprie controversie di lavoro;
    -premesso che non si vede la ragione per cui si debbano creare alternative alla giurisdizione statale, quando la soluzione più lineare, non praticata a ragion veduta da chi traguarda le “meraviglie” e l’interesse della privatizzazione spinta, sarebbe invece quella di assegnare risorse (sempre negate, finanché il toner e la carta delle stampanti), risorse umane e materiali finalizzate all’efficienza della giustizia pubblica e allo smaltimento di arretrati;
    tutto ciò premesso:
    a) ho qualificato “obbligatorio” l’arbitrato d’equità scaturente dall’inserimento nei contratti individuali delle clausole compromissorie di rinunzia al ricorso alla giurisdizione pubblica, perché «in assenza dei predetti accordi interconfederali o contratti collettivi, trascorsi diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le disposizioni di cui al presente comma sono pienamente operative»; ipotesi tutt’altro che infondata al ricorrere della quale l’arbitrato potenzialmente facoltativo si trasforma sostanzialmente in obbligatorio, grazie all’attivismo datoriale nei contratti individuali;
    b)affidarsi, poi, alla lungimiranza dei contratti collettivi – non sottoscritti da tutti i sindacati – e alle commissioni di certificazione è, facendo un parallelismo, come affidarsi all’autorità garante delle telecomunicazioni (AGCOM) che, come abbiamo visto, ci ha portato il risultato della sospensione temporanea del pluralismo dell’informazione;
    c) magnificare che «le parti collettive sono sovrane, possono decidere tutto in materia di arbitrato!» è affermazione avventata.
    A parte che non è neanche vera perché in loro carenza l’imprenditore – in assunzione, stante il divario di forze dei contraenti – può coartare la volontà del lavoratore, col ricatto indiretto e non dichiarato della non assunzione, quand’anche fosse vera, l’asserita “sovranità” delle parti collettive non fornisce ai lavoratori alcuna garanzia;
    d) in replica poi all’affermazione che «il lavoratore è un uomo capace di intendere e volere, purtroppo la sua capacità decisoria in un contratto di lavoro è limitatissima, è quasi tutto definito dalla contrattazione collettiva. anche in questo caso.», obietto che l’intrinseca debolezza del prestatore in un mercato malato da sovrabbondanza di domanda di lavoro (per debordante disoccupazione giovanile e non) rende inattendibile e virtuale l’affermazione in ordine alla piena e incondizionata capacità di intendere e di volere del lavoratore.
    Per non parlare poi della privazione – ad opera dell’art. 32, co. 1 – di un esame di merito della controversia da parte del magistrato statuale «il cui controllo giudiziale è limitato esclusivamente… all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente», che è la traduzione pratica della pseudo dottrina del premier. Per tacere ancora della decadenza dei 60 giorni per l’impugnativa che – contemplata per legge per il licenziamento – è stata estesa ai trasferimenti ex art. 2103 c.c., all’azione di nullità del termine per i contratti a tempo indeterminato, con la conseguenza di un beneficio di impunità per il datore, in quanto il lavoratore – nell’attesa speranzosa di essere riassunto – non impugnerà mai nel termine breve dei 60 gg. ilcontratto irregolare.
    Ve n’è ben donde, a mio avviso, per contrastare questa subdola controriforma.
    Bene si sta – non solo da ora – muovendo la CGIL e i giuslavoristi che la supportano, checché ne dicano i “Santini” di Adapt.

  10. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 15-3-2010 alle ore 19:45

    giovanna ho decisamente pochi (o in realtà troppi) argomenti per risponderti se la questione si pone sull’astratto piano ideologico piuttosto che sul fattuale confronto concreto.
    mi è difficile (o troppo semplice) rispondere a parallellismi arditi (lungimiranza dei contratti collettivi – AGCOM!!!!).
    mi permetto solo di consigliarmi/ti una valutazione prima nel merito effettivo delle cose, il più possibile non condizionata da pregiudiziali ideologiche, che si basi su verifiche sul campo, su valutazioni puramente tecniche. una volta fatto ciò si possono, anzi si devono, effettuare tutta una serie di ulteriori valutazioni soggettive, di opportunità, di “bandiera”.
    aggiungo ancora che non si sta parlando di “buoni e cattivi” si sta cercando di fornire regole del gioco più adeguate ai nuovi scacchieri. regole, per altro, utilizzate da anni nella maggior parte dei paesi del mondo senza che ciò costituisca lesione dei diritti umani.
    Ragioniamo sulle cose. miglioriamole se si può ma non diciamo no a prescindere. non si fa un buon servizio a nessunu, men che meno ai lavoratori.
    ringraziandoti ancora per gli spunti mi permettero, dopo questa risposta a caldo, di fornirti la mia posizione sugli altri temi da te posti.

  11. Andrea Asnaghi scrive:
    Scritto il 15-3-2010 alle ore 22:07

    caro Paolo, sono tornato ora in ufficio e volevo rassicurarti: nessuno straniamento, probabilmente il mezzo non rende la estrema pacatezza con cui ho cercato (un po’ inutilmente a quanto vedo) di portare la questione sul piano del confronto (che non è esattamente W la Cgil e abbasso gli altri …).

    a Giovanna vorrei dire che mi dispiace davvero molto che abbia risposto (indirettamente) alla mia domanda: sì, per lei il diritto del lavoro è evidentemente una questione di uomini-contro, di lotta di poteri contrapposti (strano, sul campo pratico quotidiano – anche con Cgil – questa contrapposizione è superata da tempo… ) , in cui il giusto arbitro è il giudice e le parti collettive ragionevoli sono solo inciuciate negli enti bilaterali (strano, ce le ho sempre viste attivissime TUTTE quante, mi sarò sbagliato…), senza parlare dell’imprenditore: è solo lì che aspetta il momento buono per fare a pezzi il lavoratore ed i suoi diritti

    io ritengo che soltanto il superamento di questa visione un po’ … datata possa portare a dei risultati concreti
    che il mondo del lavoro debba cambiare è sotto gli occhi di tutti, probabilmente nessuno ha le ricette vincenti o la ragione assoluta in tasca e viviamo in una faticosa era di mezzo in cui approdare a nuove modalità di gestione non è facile o automatico per nessuno
    (a patto di costruirci sopra e non sputare sentenze, ovviamente …)

  12. luca scrive:
    Scritto il 15-3-2010 alle ore 23:14

    andrea parla da chi non è mai stato “sotto padrone”, che ne sa di diritto del lavoro chi non è mai stato parte debole, dipendente? lavoriamo x innalzare i diritti di tutti, facciamo funzionare meglio la giustizia, combattiamo il precariato, di questo abbiamo bisogno, non di arbitri.

  13. Andrea Asnaghi scrive:
    Scritto il 16-3-2010 alle ore 01:09

    scelgo ancora di non raccogliere le provocazioni, ma di ragionare: caro Luca, non ti accorgi della evidente parzialità quando (di fatto) sostieni che di diritto del lavoro potrebbe parlare SOLO chi è o è stato dipendente ?
    non credi che questo sia l’esempio più lampante del diritto solo da una parte ? continuiamo a fare senza “l’altra metà del cielo” ?
    sul resto, sono d’accordo più di quanto tu non creda … giustizia che funzioni (non è solo un problema di carta e toner…), diritti di TUTTI (magari meglio e presto), no al precariato perverso …
    e se l’arbitrato fosse utile in tal senso ? non sarebbe meglio sperimentare e capire invece che un NO preconcetto ?

  14. Giovanna Preden scrive:
    Scritto il 16-3-2010 alle ore 16:25

    L’articolo che ha dato luogo a questo thread – a dispetto di chi lo autoqualifica distensivo – era invece irridente, provocatorio, improntato ad uno scoperto dileggio verso chi ha indetto lo sciopero che ha impedito ad un serio professionista di muoversi con celerità nel traffico per attendere ai suoi interessi.
    Non solo, ma si tramite un’ironia mal sprecata si voleva accreditare che l’iniziativa era politicizzata, estranea alla tematica dell’aggiramento delle residue tutele del lavoro; che i promotori hanno raccontato ai lavoratori, che vi hanno rimesso mezza giornata di salario, “fischi per fiaschi”.
    A fronte di tali insinuazioni ho replicato dandovi dei mal orientati e dei propagandisti di una cultura di disinformazione o di informazione a senso unico.
    C’è chi si è sentito a disagio per la mia reazione ed ha ritenuto di richiamare un rispetto formale, che credo di non aver mai travalicato nella mia reazione legittima e a caldo a fronte della lettura dell’articoletto segnalatomi da Postilla sulla mia casella di posta elettronica.
    Ho replicato eminentemente con argomenti di natura tecnicistica e ho difeso la posizione del maggiore sindacato italiano, indipendente e non filogovernativo che al d.d.l. si è opposto, con l’adesione di diversi giuslavoristi che ne sostengono, come me, la fondata incostituzionalità (Ichino, Treu, Alleva, Romagnoli, cui si aggiungono i costituzionalisti Dogliani e Ferrajoli), con argomenti diversi da quelli “romantici”, volti a prospettare una sorte di primogenitura (senza sbocchi) sin dagli anni 60 da parte dell’autore, in quel di Bari (v. articolo Veneto, ult. numero di Adapt).
    Nessuno vuole contrastare per preconcetto le soluzioni prospettate nel d.d.l. “minestrone”, tramite cui si tendono a modificare in peius per i lavoratori almeno 4 articoli del codice di procedura civile in tema di processo del lavoro: dal 414 cpc in poi.
    Le argomentazioni giuridiche le ho esposte, nei precedenti post, per chi sappia leggere e voglia intendere.
    Aggiungo a quelle in precedenza riferite, l’intento del nuovo legislatore di sminuire deliberatamente il ruolo del giudice, relegandolo a non discostarsi dalla mera funzione di legittimità, obbligato – a differenza di oggi – ad una funzione meramente ricognitiva della volontà delle parti individuali o collettive, codificata nei contratti individuali (non liberi) e nei contratti collettivi, frutto di soluzioni necessariamente compromissorie.
    Insomma in piena contraddizione con il potere di equità che si attribuisce agli arbitri privati, il giudice statuale non dovrebbe avere nessun altro potere che deliberare sulla base di precostituite “tavole di Mosè”.
    Emblematicamente dispone l’art. 32, co. 1, che «In tutti i casi nei quali le disposizioni di legge nelle materie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile e all’articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contengano clausole generali, ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente… all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente».
    Faccio un caso concreto per evidenziare il ruolo degradante in cui si vuole porre il magistrato.
    Nel ccnl del settore alberghiero è previsto che il ritardato invio non giustificato del certificato di assenza per malattia costituisca giusta causa di licenziamento, e così è avvenuto per un lavoratore in fattispecie incappato. Con l’odierna normativa che non vincola affatto il giudice a sottostare alle pattuizioni collettive (sovente raggiunte in posizione di forza e di conoscenze giuridiche squilibrate da parte dei rappresentanti delle OO.SS.), la Cassazione n.11846 del 21 maggio 2009 ha potuto invalidare il licenziamento per riscontrata non “proporzionalità” della sanzione espulsiva all’infrazione (non congruità della giusta causa contrattuale con la nozione legale di giusta causa, quindi apposta in violazione dell’art. 2106 c.c.).
    Domani non sarà più possibile per aver relegato il giudice ad una mera funzione notarile di accertamento di quanto – anche impropriamente – stabilito dagli agenti contrattuali. E il giudice da cui ci si aspetta giustizia sostanziale la nostra Costituzione cosa lo ha messo a fare (rectius, cosa vorrebbe questa normativa controriformatrice che sia messo a fare?).
    E’ così che si vuole contrabbandare le “fregature” in “migliorie” per i lavoratori, all’insegna del mellifuo “volemose bene” che…poi nell’abbraccio ti pugnaliamo alle spalle?
    Dove son nata io e dove mi sono acculturata tanto da diventare ordinaria di diritto… si dice grezzamente ma molto concretamente:«ma chi si vuol …?».

  15. Giovanna Preden scrive:
    Scritto il 16-3-2010 alle ore 16:30

    errata corrige: dal 410 cpc in poi

  16. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 16-3-2010 alle ore 19:33

    Giovanna, grazie mille per avermi qualificato “serio professionista”. Sul resto lascio ogni commento ai lettori di queste brevi riflessioni che non hanno lo scopo di articolare dotte disquisizioni giuridiche ma solo di far fermentare il sano germe del dialogo e del ragionamento. Evidentemente in alcune circostanze ciò non è possibile ed il livore ideologico impedisce la correttezza dell’analisi e fa scambiare un tono volutamente leggero (… ripeto è un post e non un editoriale del corriere della sera!!!) in una “un’ironia mal sprecata … voleva accreditare che l’iniziativa era politicizzata”.
    No comment.
    Comment invece su un paio elementi tecnici sui quali richiamo ulteriori riflessioni.
    1) I contratti collettivi costituiscono una forma di autoregolamentazione cui la legge demanda tanto, quasi tutto, in un rapporto di lavoro. Dalla disciplina dei contratti atipici (tempo determinato, apprendistato, PT, contratto a chiamata….) alla regolamentazione della partecipazione attiva dei lavoratore e delle OOSS alla vita dell’azienda. Il tutto in modo definitivo. Prova un po’ cara Giovanna a stipulare contratti a TD oltre la disciplina ed i limiti contrattuali, sai cosa dirà il sig. giudice? Marameo! La disciplina contrattuale è vincolante … altro che equa valutazione delle circostanze. Allo stesso modo non si capisce proprio perché se le parti identificano come inaccettabile un comportamento di un lavoratore il primo Tribunale di turno (acc.. non vorrei essere tacciato di vilipendio alla magistratura) debba dire che invece era una benevola ragazzata. Why??? Giovanna in realtà una risposta me la dà, parla di “conoscenze giuridiche squilibrate da parte dei rappresentanti delle OO.SS.”, se così fosse però la sua risposta mi fa cadere tutto il castello di deregolamentazione esistente aprendo scenari ad una pericolosa contrattazione individuale.
    2) 60 giorni per impugnare ogni tipo di scadenza contrattale: evviva. Un provvedimento concreto. Ma scusa se perdo il posto di lavoro avrò il diritto/dovere di contestare subito? È mai ipotizzabile che lo faccia dopo 4 anni e mezzo? Credo che la risposta sia nel buon senso più che nei codici.

    Vedi Giovanna, non so che tipo di attività tu svolga, la precisione con cui scrivi sicuramente ti identifica tra gli addetti ai lavori, io in giro vedo imprese in cui si lavora e si suda fianco a fianco, si vince o si perde insieme, imprenditori e lavoratori. Certo non vivo in un mondo alla “mulino bianco”, riscontro anch’io furbetti e lestofanti sia tra gli imprenditori che tra i lavoratori e condivido che debbano esserci sanzioni per entrambi. Credo che però bisogna fare (tutti quanti!!!) uno sforzo per andare oltre talune barriere ideologiche. Innovare è sempre rischioso, conservare è sempre più facile, ma tale facilità porta dritti dritti alla recessione, alla perdita di competitività. Difendiamo il lavoro con la concretezza non con le utopie foriere di disastri. Guardiamoci intorno, è mai possibile che il resto dei Paesi che ci circondano siano schiavisti affamatori di operai? No di certo. Intanto ripartono e pensano a dividere ricchezza, noi rischiamo di restare al palo e disquisire sulla “materialità della Costituzione” o sul concetto di “giustizia sostanziale”? Non mi interessa, grazie.

  17. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 16-3-2010 alle ore 20:39

    consiglio di verificare il contenuto del documento allegato, è interessante valutare chi c’è e chi non c’è, la visione grafica delle cose spesso è più eloquente di tante parole:

    http://www.adapt.it/acm-on-line/Home/Feednoncancellare/documento5990.html

  18. Marina scrive:
    Scritto il 18-3-2010 alle ore 13:11

    sono un consulente del lavoro, in riferimento al convegno in ricordo di Marco Biagi,mi dispiace molto che io lo venga a sapere solo ora leggendo questo blog, e che il mio ordine, mi manda tante comunicazioni per convegni vari ma si è dimenticato proprio di questo, che ritengo un evento importante.

  19. Andrea Asnaghi scrive:
    Scritto il 18-3-2010 alle ore 16:05

    Frego sul tempo Paolo (così lui “impara” a fregarmi i temi :-) ): cara Marina se vuoi essere informata su iniziative del genere puoi iscriverti gratuitamente alla newsletter di Adapt, nello spazio apposito sul sito.

    http://www.adapt.it/acm-on-line/Home.html

  20. Marina scrive:
    Scritto il 18-3-2010 alle ore 17:02

    Grazie Andrea per la segnalazione del sito,comunque insisto che l’ordine avrebbe dovuto comunicarlo ai suoi iscritti (visto che si potevano anche maturare i crediti formativi)…ma dato che non era organizzato da loro non ha ritenuto opportuno fare grande pubblicità. ciao

  21. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 18-3-2010 alle ore 19:19

    marina hai ragione l’ordine dei cdl deve essere più attento in queste circostanze. sono stato al convegno, davvero molto stimolante, ed i colleghi non erano tantissimi.
    non so dove eserciti l’attività e pertanto a quale CPO fai riferimento.
    il sottoscritto è membro del consiglio provinciale di Roma e si è personalmente adoperato per l’accreditamento dell’evento ai fini della formazione obbligatoria, che, come di evidenza, è stato riconosciuto.
    è vero, comunque, che come CP dell’ordine di Roma avremmo dovuto inoltrare qualche info specifica, ma tra le mille cose forse alla segreteria è sfuggita.
    un caro saluto

  22. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 18-3-2010 alle ore 19:23

    … aggiungo a quanto specificato alla collega marina … allora vedi che questo blog comunque qualche utilità ce l’ha!!!

  23. Marina scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 10:30

    ciao Paolo, faccio parte anch’io dell’ordine di Roma e tra l’altro tu sei stato tra i miei insegnanti preferiti (insieme a Nevio Bianchi)al corso di preparazione all’esame di stato. comunque ora chiudo la polemica con l’ordine che tanto non porta a niente e chiedo un aiuto a tutti i consulenti che vorranno aiutarmi. il mio problema è l’INPS. espongo il quesito: socio di una snc non lavoratore, ha solo apportato capitali all’inizio dell’attività. ogni anno, ha preso la sua parte di utili dichiarandoli nel quadro rh, non sempre, perchè a volte gli utili non ci sono stati. l’attività è stata aperta nel 1988 ed è stata chiusa nel 2009. adesso è arrivata una lettera dall’inps dove gli chiedono di versare gli ultimi 5 anni di contributi gestione comercianti. l’impiegato dell’inps mi ha detto che essendo redditto d’impresa rientra nella gestione commercianti, ma io mi domando se il socio si fosse iscritto all’inizio dell’attività sarebbe stato obbligato veramente a pagare i contributi commercianti? come tutti sappiamo quelli si pagano in misura fissa reddito o non reddito ed allora a questo punto non ci sarebbe nessuna differenza tra socio lavoratore e non. qualcuno sa darmi un consiglio? almeno per evitare di sbagliare in futuro? grazie

  24. Andrea Asnaghi scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 13:18

    Ehm … cara collega Marina, lo dico sommessamente, oltre ai vari servizi di “esperto”, per non andare QUI fuori dal seminato, ci sono FORUM in cui si possono postare questi quesiti e confrontarsi … me ne vengono in mente due (quello della ns. categoria e quello di Adapt che trovi all’indirizzo di prima).
    Lo so, lì non ci bazzica (che io sappia) Paolo, ma … cerca di fartene una ragione.

  25. Marina scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 13:39

    grazie Andrea, seguirò il tuo consiglio. …e se non ci bazzica Paolo me ne farò una ragione.

  26. Sonia scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 13:46

    buongiorno a tutti. buongiorno Marina. Volevo rispondere se posso alla questione da te proposta. Quindi vengo subito al dunque. In una snc, i soci vengono messi tutti sullo stesso piano, anche quando non svolgono attività in un’impresa. Infatti, in questi casi, si consiglia di fare una S.A.S., affinchè chi non svolge attività ed apporta solo lavoro, pur conseguendo un reddito da partecipazione in un’ impresa (quadro H) non sia obbligato a pagare i contributi alla stessa stregua del socio “lavoratore”. Anche perchè, è difficile provare “la non prestazione” d’opera in una società dove si è scelto di avere la stessa responsabilità degli altri soci, ma senza l’esercizio diretto dell’attività. E anche qual’ora si provi, da statuto, la presenza di soci d’opera e soci che apportano solo capitale, non è detto che nel tempo, tale statuizione (quasi mai aggiornata nelle società di persone) resti valida. L’inps richiede il contributo fisso commercianti e in percentuale, in tutti i casi in cui si dichiari un reddito d’impresa e non si abbia nessun’altra copertura assicurativa piena. (per esempio da lavoro dipendente). Anche quando si dichiarino solo perdite. Ritengo anzi che sei stata fortunata, che l’inps ti abbia richiesto solo GLI ULTIMI 5 ANNI…(evidentemente non ha fatto in tempo a recuperare i precedenti)… Spero di esserti stata utile, almeno nella spiegazione della casistica. Buon lavoro e Buona giornata.

  27. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 15:17

    marina grazie mille delle lusinghiere parole. spero di esserti stato utile nella formazioni di avvio della professione. quanto al quesito, prendo atto che c’è già stata una opportuna risposta e comunque girandomi la tua email (p.stern@szaa.it) se vuoi possiamo proseguire lì il confronto professionale.
    quanto al CPO non ho percepito una tua polemica ma solo un corretto appunto. credimi abbiamo assoluto bisogno di queste segnalazioni per migliorare (… il lavoro da fare è tantissimo) il nostro operato. allo scopo dovresti aver avuto info del progetto del decentramento amministrativo tramite le consulte territoriali, il progetto è fatto anche per risolvere questi problemi. dacci una mano a migliorare.

    mi scuso con tutti per questa parentesi “romana”

  28. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 15:18

    sonia, thank’s per la puntuale risposta.

  29. Marina scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 15:25

    grazie Sonia per la tua risposta. ed un saluto a Paolo, prenderò in considerazione il decentramento amministrativo. A presto

  30. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 15:26

    andrea il convegno del 18 è stato di assoluto rilievo ed interesse in modo particolare l’intervento iniziale di Tiraboschi e quello conclusivo di Sacconi.

  31. Sonia scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 17:42

    Grazie a voi!! è stato interessante leggere i vs. “botta e risposta” sull’art.18 e su tutte le argomentazioni che ne sono scaturite dopo! complimenti per il blog…
    Segnalo un’errata corrige al mio commento e correggo…”affinchè chi non svolge attività ed apporta solo DENARO, pur conseguendo un reddito da partecipazione in un’ impresa (quadro H) non sia obbligato a pagare i contributi alla stessa stregua del socio “lavoratore” Ma penso si fosse capito… :-))) buona serata a tutti e mi terrò in contatto… Ho trovato utili le vs. osservazioni e il Suo Blog. Sonia

  32. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 18:15

    bene sonia, visto che tuo malgrado sei entrata in questo “frullatore di idee” perchè non ci dai una tua opinione sull’argomento del post? preso atto della tua preparazione tecnica sarebbe utile x tutti. grazie.

  33. Sonia scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 18:53

    Paolo..ti do del tu se posso.. :-) Prima di rispondere a Marina, avevo scritto un commento lunghissimo, riguardo l’argomento del post, ma i toni erano più quelli dello “sfogo” contro chi crede che il DATORE DI LAVORO, sia “un lucifero”, pronto a tutto pur di sacrificare per i propri scopi il “povero” lavoratore…. E così…per evitare ogni polemica, ho cestinato il tutto… e ho conservato le mie riflessioni, rimuginandoci sopra sino ad oggi pomeriggio..
    Faccio un esempio pratico… che valga a rispondere alla Gent.ma Giovanna..della quale ho letto con piacere il commento forbito, nonostante in molte argomentazioni io sia di diverso avviso.
    Opero in una piccola città siciliana, che per mia fortuna è un’isola nell’isola… Sono una commercialista, ma mi occupo anche di consulenza del lavoro… Una mia cliente lavora prettamente al Nord. E in questi giorni le capita questo:
    Ha appena sottoscritto un importante contratto con una società che opera a livello nazionale nel settore degli arredamenti. La mia cliente paga a contratto nazionale, anzi di più, perchè diverse voci in busta paga superano di molto i limiti minimi previsti dal CCNL. Paga puntualmente, nonostante spesso i suoi clienti ritardino i pagamenti. Nonostante ciò, si sente in questi giorni MINACCIATA DAI DIPENDENTI, che lamentandosi delle trattenute alte in busta paga (che come ben sapete nulla hanno a vedere con la volontà del datore di lavoro!!), si dimetteranno se lui non aumenta ulteriormente loro la retribuzione. E dov’è qui la tutela per il datore di lavoro, dalle DIMISSIONI DEI DIPENDENTI? Può un dipendente rescindere dal rapporto, danneggiando gravemente l’impresa, e non essere PUNITO PER QUESTO!!Ci si pensa mai? E perchè l’impresa, mi chiedo, quando assume un lavoratore, LO DEVE TENERE CON SE’ A VITA?? La costituzione sancisce il diritto al Lavoro,ma come tutte le relazioni umane, anche il rapporto di lavoro può avere un inizio e una fine, da parte di ciascun attore. O mi sbaglio? E se un’azienda non è soddisfatta del lavoro svolto dal proprio dipendente, perchè deve trovare una giusta causa o un giustificato motivo per licenziarlo, quando al contrario, il dipendente può dimettersi quasi sempre quando vuole? Allora, in linea di principio, è vero che il lavoratore è in una posizione svantaggiata rispetto al datore di lavoro, ma è anche vero che spesso LA LEGISLAZIONE ITALIANA e chi deve farla rispettare in materia di lavoro, GUARDA AL DATORE DI LAVORO, come fosse uno schiavista. Mi chiedo: se esiste un servizio pubblico per la tutela del lavoratore, perchè non deve esistere un servizio pubblico per la tutela anche dei datori di lavoro? Se è vero che la legge è uguale per tutti, perchè anche il datore di lavoro, non deve poter considerare illegittime LE DIMISSIONI DEI LAVORATORI? Certo ci sono casi e casi… ma è proprio per questo che NON SI PUO’ FARE DI TUTTA L’ERBA UN FASCIO…e bisogna attenzionare le singole situazioni! Prima di sparare a zero sulla categoria dei datori di lavoro, bisognerebbe pensare a tutta quella serie di pressioni, oneri, sacrifici, stress a cui oggi l’imprenditore è soggetto. Basti pensare ai tanti altri adempimenti, fortemente sanzionati se non posti in essere, a cui deve adeguarsi un imprenditore: Sicurezza sul lavoro, formazione, privacy, burocra

  34. Sonia scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 19:29

    (Paolo…te l’avevo anticipato che il mio commento era molto lungo!!:-))
    continuo dal precedente:
    regolamenti amministrativi comunali, etc. Per non parlare poi delle leggi regionali (vedi il caso siciliano…)..
    Ora io non dico che l’evoluzione in positivo negli ambienti di lavoro non sia un grande risultato, raggiunto anche per merito degli accordi tra sindacati e categorie…Non voglio che si pensi che discrimino il lavoro se è dipendente…Ma voglio fare capire a tutti, che prima di SCHIERARSI, bisognerebbe VERIFICARE le condizioni di lavoro… e le condizioni di MERCATO… LeggendoVi per esempio, mi rendevo conto di quanta differenza ” di preoccupazioni” ci sia tra un professionista che lavora a Roma ed uno che lavora a Ragusa, come me!!Dove il mercato del lavoro è prettamente costituito da MICROIMPRESE, con pochissimi dipendenti… E il ruolo di queste piccole aziende, è fondamentale soprattutto in zone poco sviluppate industrialmente, come posson essere le nostre… Qui, l’applicazione di un contratto nazionale, implica tanti di quei problemi che forse neanche immaginate!!!Ci sono imprenditori che a conti fatti, tolte le spese, i contributi personali, le imposte (e gli acconti!!), le tasse, le rate di finanziamento, non solo non arrivano alla 4^ settimana, ma a stento riescono ad introitare un utile che sia almeno uguale al lavoro del proprio dipendente… A questo punto, molti imprenditori (soprattutto giovani!) si chiedono se non convenga fare il dipendente… E questo, signori miei, E’UN RISCHIOSO SINTOMO DI IMPOVERIMENTO…ma non solo in termini economici…QUI SI PARLA DI REGRESSIONE SOCIALE! Per cui, ribadisco, giudici o arbitri, quel che conta è che ci sia giustizia. Ricordiamoci che da un rapporto di lavoro conclusosi male, c’è sempre e solo da perderci, da entrambe le parti… IO PUNTEREI SULLA CONCILIAZIONE…più che sull’arbitrato…Ma non su quella che si applica oggi, DOVE MANCA ASSOLUTAMENTE il terzo super partis….PUNTEREI SU UNA RIFORMA DI QUESTO ISTITUTO… Perchè, ricordiamocelo… i dipendenti ci sono…se ci sono le imprese… e non mi è mai capitato di vedere un datore di lavoro che licenzia SENZA VALIDO MOTIVO un lavoratore… Quindi..attenzione!! è giusto tutelare il lavoro, MA IL POSTO FISSO a VITA, non è un diritto..perchè se lo fosse, COMINCIAMO A GARANTIRLO ANCHE AGLI IMPRENDITORI E AI PROFESSIONISTI… E si!! se lo stato deve tutelare tutti… che lo faccia veramente!! (hai visto Paolo…alla fine è diventato di nuovo uno sfogo… mi spiace e mi scuso.. (ma è che credo fermamente nel ruolo fondamentale delle imprese nel ns. tessuto sociale e pertanto mi rattrista vedere come spesso si guardi agli imprenditori considerandoli BESTIE CATTIVE… cosa che nel 98% dei casi non è…)..Ora vi saluto e buon fine settimana a tutti..

  35. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 19-3-2010 alle ore 20:29

    sonia ho letto con molto interesse il tuo lungo commento / sfogo. c’è dentro tutto l’ardore di chi vive giornalmente le problematiche di cui parla e non le guarda da lontano, da qualche tranquillo salotto benpensante!

    concordo con tante cose che dici, su altre avrei opinioni leggermente diverse ma, come dici tu, sono anche i punti di vista e le esperienze che creano la diversità.
    conosco bene la sicilia (specialmente la tua provincia, ragusa se non capisco male …) e sto assistendo un grande gruppo che ha rilevato strutture alberghiere molto importanti. ho riscontrato una fluidità di rapporti anche con le ooss che spesso manca qui nella capitale. è terra di contraddizioni ma di grandi fermenti e la tua nota ne è segno evidente.

    quanto ai contenuti specifici della tua nota mi limito solo a sottolineare che la vigente riforma, abrogando il tentativo di conciliazione obbligatorio e modificando gli articoli del cpc, va nella direzione di cui parli tu. la conciliazione si avvia se c’è effettiva voglia di trovare accordi e se non ci si riesce il lavoro fatto non va perso perchè il conciliatore potrà, se le parti lo vorranno, trasformarsi in arbitro.

  36. Alessandro scrive:
    Scritto il 26-3-2010 alle ore 13:38

    Buongiorno a tutti, sono un praticante, speriamo tra un mese consulente del lavoro visto che dovro’ sostenere l’esame orale, e dunque non addentrato nel mondo lavorativo quanto le persone che fino ad ora hanno risposto ai vari messaggi.
    Volevo far notare cosa emerge, agli occhi di un ragazzo trentenne ancora in erba in merito a tali questioni, sebbene informato e comunque attivo da ben sei anni, leggendo alcuni commenti.
    C’è qualcosa di anormale che salta agli occhi di un “puro” individuo ancora scevro da conflitti di interesse ideologico e prese di posizione pregiudiziali, e cioè la oramai vecchissima questione della lotta di classe così come intesa da alcune menti.
    Nessuno puo’ negare che le esperienze di vita di un lavoratore che appunto “lavora sotto padrone” come si è detto in precedenza, siano difformi da quelle del “datore e/o padrone”, e nessuno nega che i contrastanti punti di vista su alcune tematiche siano inevitabili, ma come un datore di lavoro “ragiona cosi’ perchè non ha mai lavorato sotto padrone”, il lavoratore non puo’ comprendere a 360 gradi le problematiche di un datore di lavoro.
    Ed è giusto che sia così, altrimenti l’acqua e la farina si scambiano i ruoli ed il pane non esce buono, per quanto indispensabili entrambi. Non si può continuare a vedere il rapporto lavorativo datore – lavoratore come una macchina che genera soldi all’ultimo e fregature al primo. Non si possono portare sempre i soliti e classici esempi di rapporto di lavoro sbilanciato a favore del datore, per far un quadro di un mondo diviso tra lavoratori buoni e datori cattivi. Non si possono fare certi discorsi sulla base di convinzioni od esperienze personali, senza mai girarsi dall’altra parte e notare che le stesse cose avvengono a parti inverse.
    Noterete che non parlo di leggi, decreti, collegati e quanto altro perchè non si puo’ arrivare a discutere di una norma se a monte non c’è la volontà dell’approccio libero, nudo dal pregiudizio ideologico. A chi legge alcuni commenti salta subito all’occhio la pacatezza con cui un professionista quale il sig. Stern discorre senza porsi nella posizione di dire io ho ragione, senza disallineamenti logico-politici che deviano il pensiero, senza voler imporre un idea ma semplicemente descrivendo un fatto. Quello sciopero venne fatto principalmente, se non unicamente, per protestare contro un qualcosa che già il giorno prima era stata chiarita dagli stessi sindacati. Non si toccano i licenziamenti, dissero quelli che “contano”, ma la gente, (proprio per continurare questa lotta ideologica vecchia come il mondo che oramai un po’ ha stufato, perchè non rivendica piu’ diritti da conquistare con i denti, ma si adopera solo a dire no sempre e comunque), è scesa in piazza lo stesso.Questo era il fatto da commentare liberamente e serenamente, senza dover per forza fomentarsi in discorsi che non troveranno mai una soluzione discorsiva. Come si puo’ accontentare chi vuole che il lavoratore faccia il datore e viceversa?
    Coridali saluti

  37. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 26-3-2010 alle ore 20:29

    caro alessandro futuro collega, le tue riflessioni sono significative soprattutto perchè, come dici tu, provenienti da un ““puro” individuo ancora scevro da conflitti di interesse ideologico e prese di posizione pregiudiziali”. però devo dirti che le situazioni sono sempre complesse e le soluzioni sbrigative mai opportune. dici bene ognuno deve avere il proprio ruolo altrimenti non giunge a nulla. al di là di tali considerazioni (ti ripeto sicuramente stimolanti ed apprezzabili) mi piacerebbe comunque conoscere, sarebbe x te tra l’altro un buon ripasso della materia in vista degli esami, cosa ne pensi del tema del post: l’arbitrato come possibilità di risolvere controversie di lavoro.

  38. antonella scrive:
    Scritto il 26-3-2010 alle ore 22:19

    ma quale spirito puro, alessandro parla da chi non sa le cose. L’arbitrato è una diminuzione drastica delle garanzie del lavoratore: un arbitro non sarà ami imparziale come un giudice.
    Alessandro poi parla di ruoli all’interno del rapporto di lavoro, non ha mai sentito parlare di partecipazione attiva dei lavoratori alla gestione dell’impresa?

  39. Andrea Asnaghi scrive:
    Scritto il 28-3-2010 alle ore 08:58

    ohibò antonella … mi ero ripromesso di astenermi dall’intervenire vsiti alcuni toni ma qui “mi alzi una palla” troppo invitante per evitare una schiacciatina …

    evito i suggestivi parallelismi calcistici sulla parzialità degli arbitri, tuttavia NON mi sembra di poter dire (molto onestamente e senza alcun intento “politico”, credimi) che oggi chi si rivolga alla giustizia sia quasi certo di trovare efficenza, professionalità, responsablità ed imparzialità.
    intrecciandomi spesso con decisioni in varie branche del diritto civile (non solo del lavoro) trovo che spesso il ricorso al giudice sia una roulette russa ( e questo, ripeto, non perchè al giudice manchi “il toner” …)

    se sulla bilancia si mette da una parte una (tutta da provare…) minor imparzialità dell’arbitro, dall’altra l’arbitro restituisce sicuramente una visione “sul pezzo e sul campo” in tempi e modalità certe, e mi sembra che non sia poco.

    Parli di partecipazione attiva dei lavoratori, guarda caso è un tema che sta molto a cuore proprio a chi ha lavorato per costruire ipotesi legislative come quella dell’arbitrato

    ma il primo passaggio è culturale, e qui alessandro sarà forse “uno che non sa le cose” (mi piace sempre riscontrare questa modalità di delegittimazione dell’altrui pensiero, è un sintomo distintivo) ma centra un problema, a mio avviso
    se la partecipazione dei lavoratori è il condizionamento ideologico al funzionamento dell’azienda di certi consigli di fabbrica, bene … no grazie (non lo dico per me, lo dico per le migliaia di posti di lavoro bruciate in tal modo)

    se si riesce a sorpassare l’idea che il mondo del lavoro (mi spiace ripetermi) sia una storia di uomini-contro, di posizioni contrapposte ed in cui qualcuno tira a fregare l’altro, allora c’è la possibilità di pensare in maniera diversa

    (ed in quel caso, anche l’arbitrato diventa semplicemente l’esplicitazione di regole di un gioco in cui nessuna parte, fin dall’inizio voleva imbrogliare l’altra)

    insomma, parafrasando un noto adagio, la lotta di classe sta nell’occhio di chi guarda …

  40. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 29-3-2010 alle ore 20:15

    credo che la risposta di andrea sia come sempre opportuna. non faccio altro che sottoscriverla ed aggiungere al futuro collega alessandro una piccola riflessione. chi espone le proprie idee è sempre soggetto a critiche spesso pungenti come spine, il tuo futuro professionale sarà, a tal proposito, una specie di ginepraio! pensaci bene dunque … ma sono sicuro che ci hai già pensato e ti rinnovo gli auguri per la prossima prova d’esame.

  41. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 31-3-2010 alle ore 18:13

    Il presidente della repubblica rinvia alle camere il collegato.
    «Il capo dello Stato – spiega una nota del Quirinale – è stato indotto a tale decisione dalla estrema eterogeneità della legge e in particolare dalla complessità e problematicità di alcune disposizioni – con specifico riguardo agli articoli 31 e 20 – che disciplinano temi, attinenti alla tutela del lavoro, di indubbia delicatezza sul piano sociale. Ha perciò ritenuto opportuno un ulteriore approfondimento da parte delle Camere, affinché gli apprezzabili intenti riformatori che traspaiono dal provvedimento possano realizzarsi nel quadro di precise garanzie e di un più chiaro e definito equilibrio tra legislazione, contrattazione collettiva e contratto individuale». …. questo è veramente un paese complesso! certe volte sembra di andare avanti con il freno a mano tirato. e ciò con tutto il rispetto ed il deferente apprezzamento per le sollecitazioni che giungono dalla massima carica dello stato.

  42. Angelo scrive:
    Scritto il 19-7-2010 alle ore 13:27

    Posso dire da addetto ai lavori che le uniche considerazioni tecnico giuridiche degne di nota le ha scritte Giovanna!!
    Cara Giovanna non insistere nel cercare di far comprendere chi non vuol comprendere.
    Ti faccio i complimenti per la lucida e razionale esposizione delle norme che mirano a distruggere la tutela individuale (e collettiva) del diritto del lavoro.
    Purtroppo 15 anni di questo centro destra hanno lasciato il segno ed è inutile tentare di convincere chi intravede da questa norma (per altro rinviata alle camere) spazi nuovi ed interessi aggiuntivi. Alla faccia del diritto del lavoro e dei lavboratori tutti!!
    Speriamo che il futuro riservi tempi migliori e con questo tolga appetiti a chi oggi intravede in questo tentativo di deregolamentazione generale una partita della quale approfittare.
    Sicuramente questo post sarà oggetto di repliche feroci annuncio sin d’ora che non replicherò l’importante è e resta poter esprimere il proprio pensiero in un paese che va in direzioe opposta.
    Angelo.

  43. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 19-7-2010 alle ore 14:17

    angelo nessuna “replica feroce” non è costume di chi scrive.
    Come ho già avuto modo di affermare in altre analoghe circostanze, prendo atto del tuo commento e non posso (rectius non voglio) replicare poichè poni la questione in termini di approccio puramente ideologico.
    permetto di ricordarti/mi che il ‘900 è finito e che forse un aggiornamento di talune norme non solo è doveroso ma anche necessario se si ha veramente a cuore il futuro di tanti ragazzi che di un diritto al lavoro senza lavoro non sanno proprio cosa farsene.

  44. laura scrive:
    Scritto il 25-10-2010 alle ore 23:30

    ma ora che è passato il collegato, in pratica posso inderire clausole arbitrali in tutti i contratti di lavoro? anche per decidere sui licenziamenti?

  45. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 27-10-2010 alle ore 14:36

    no laura. le controversie afferenti il licenziamento non potranno essere devolute ad un collegio arbitrale.

  46. cathysxxx scrive:
    Scritto il 13-4-2011 alle ore 03:35

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  47. Paolo Stern scrive:
    Scritto il 13-4-2011 alle ore 23:17

    credo che il commento 46 non sia propriamente pertinente. invito l’amministratore di sistema a rimuoverlo

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